Le
notizie catastrofiche arrivate dal Cile mi hanno riportato alla
realtà dei fatti: Il Cile,una lunga striscia di terra di quasi 5000
km con una larghezza media di 200 km,chiusa quasi interrottamente ad
est dalla Catena delle Ande,la colonna vertebrale dell'America del
Sud, e ad ovest dal maestoso oceano Pacifico , è il paese più
“tremolante” al mondo.
Dati
alla mano basterebbe prendere i 2 terremoti più forti che lo hanno
colpito dal 2010 ad oggi , per l' esattezza rispettivamente Febbraio
2010 magnitudo 8.9 e Aprile 2014 magnitudo 8.2, per consegnare al
Cile questo preoccupante primato. Se questo non dovesse bastare ,per
rendere l'idea, si può guardare alla classifica dei mega
terremoti, il più intenso mai registrato al Mondo avvenne in Cile
nel 1960, al sud nei pressi della città di Valdivia, quella volta la
magnitudo era 9.5. Un livello così alto nella scala Richter
inimmaginabile per noi Italiani.
Di
terremoti così intensi i Cileni ne aspettano uno ogni 10 anni,questa
è più o meno la frequenza osservata nell'arco di 150 anni. In uno
scenario così apocalittico il temutissimo big one,lo spauracchio di
tutti gli abitanti di S. Francisco, è una spada di Damocle pendente
sul capo di ogni Cileno. Chiaramente questo ciclo infernale è
ritmato da una miriade di terremoti minori,che i Cileni chiamano
tremori,se inferiori a 7 gradi di magnitudo.
Ad
ognuno di noi basterebbero queste statistiche per convincerci
definitivamente ad eliminare il Cile come meta per le nostre vacanze.
In effetti,io ,prima di arrivare a Valparaiso e cominciare il
viaggio, due o tre scongiuri li ho fatti.
In
Cile però le preoccupazioni maggiori non arrivano dai terremoti,ma
dagli Tsunami . Basti pensare che nel terremoto del 2010 quasi tutte
le vittime (circa 700) sono morte a causa delle mareggiate arrivate
poche ore dopo. Anche il 2 aprile scorso il toto-Tsunami ha tenuto
con il fiato sospeso i milioni di abitanti delle coste cilene e gli
altri vicini costieri di tutta L'America LATINA ,sponda Pacifico. Per
fortuna l'allarme è rientrato presto.
In uno
scenario così apocalittico l'unica alternativa all'esodo di massa
dei 17 milioni di cileni è l'organizzazione e la prevenzione.
Sopratutto dopo il 2010 ogni cileno conserva una valigia pronta con
l'occorrente : documenti,vestiti, medicine e qualche scatoletta , ai
lati del letto o della porta d'ingresso,ma comunque ben visibile per
ricordare costantemente l'effettività della minaccia.
L'altro
promemoria della catastrofe, onnipresente nelle città costiere
cilene , è il cartello verde con omino bianco in fuga,recante la
scritta : “via di fuga”, al lato una freccia bianca punta le
colline,l'unico rifugio in caso di Tsunami.
Guardando
da vicino le Ande oltre ad prezzare la bellezza e maestosità di 6000
metri di montagne e delle rispettive vette innevate,che giocano con
i colori durante il giorno, si può costatare anche la loro natura.
Molte sembrano montagne mozzate si tratta chiaramente di vulcani.
Le
Ande cilene annoverano un numero altissimo di vulcani,spenti
,assopiti o attivi. Nel mio lungo viaggio posso vantare di essere
scampato all'eruzione di uno dei tanti vulcani nel regione del Bio
Bio, 500 km a sud di Santiago.
Eravamo
in viaggio verso Chillan,la capitale della regione, per far visita ad
una nostra cara amica. Nel tragitto in autostop in 200 km ho contato
5 vulcani. L'eruzione avvenne giusto il giorno successivo alla nostra
partenza. Le immagini dei lapilli che venivano sputati fuori dalla
pancia del vulcano e della cenere che ricopriva interamente le città
erano onnipresenti sui telegiornali in quei giorni di eruzione, per
fortuna normale e non catastrofica.
Mi
trovavo in un paesino a 3500 mt di altezza,sulla frontiera tra Cile
e Bolivia. Tanto per cambiare il cartello di benvenuto al paesello
,oltre a riportare le informazioni sul numero di abitanti e l'altezza
del villaggio,esordiva con “Ollague, terra di Vulcani e salari
eterni”. Ollague è il nome del vulcano dormiente che si trova
giusto sulla frontiera,un gigante addormentato di 5 mila e passa
metri. I soliti cartelli “via di fuga” puntavano a una
montagna,un po' più bassa,meno imponente e innevata. Dall'altra
montagna si levava una nuvola bianca. Rimasi scioccato quando
,chiedendo se si trattasse di una valanga, mi risposero che la nuvola
bianca in realtà era fumo e che l'innocua montagna era un vulcano
attivo. Insomma mi trovavo di fronte al paradosso: le poche centinaia
di abitanti del villaggio,in caso di eruzione del gigante
addormentato avrebbero dovuto correre fino alle pendici di un vulcano
attivo per ripararsi.
Quando
passeggiavo lungo la costa o quando un piccolo tremore mi cullava
sentivo tutta la forza di una natura selvaggia e indomita,che in Cile
marca in diversissime forme la sua supremazia sull'uomo. I
terremoti,gli tsunami e i vulcani sono solo la sua manifestazione
più estrema e scioccante. A volte la catastrofe è frutto della
cooperazione della premiata ditta uomo natura, questo è il caso
degli incendi.
La
baia di Valparaiso, con i costanti venti che si levano dal pacifico
,i verdi boschi che svettano sulle 44 colline che la circondano e il
suo clima secco è la miscela ideale per una bomba di fuoco
micidiale. Mentre scrivo 10 dei 44 colli di Valparaiso ancora
bruciano, 5000 sfollati vagano per la città in cerca di aiuto e
corpi carbonizzati vengono estratti dalle macerie delle loro case. E'
in atto l'incendio peggiore della storia della città, che pure ne
subisce 3 o 4 all'anno.
La
prevenzione si scontra con la povertà. I Colli della città sono la
parte povera,disseminate di baracche di legno che hanno resistito a
terremoti incredibili,ma che bruciano veloce.
In
Cile non esiste una protezione Civile,il governo stanzia pochissime
risorse per la prevenzioni, pochi piani di aiuto per chi ha perso
tutto. Il Cile non previene,ma reagisce. Quando parlavo con i miei
amici cileni di terremoti alle mie facce preoccupate,quasi
terrorizzate,loro opponevano tranquille risatine. I Cileni hanno
imparato a convivere con le catastrofi. I Pompieri che in questi
giorni stanno spegnendo il grande fuoco di Valparaiso sono
volontari,in Cile non esiste un corpo ufficiale di pompieri, eppure
in ogni crisi,sono sempre presenti.
Le
immagini del fuoco che mangia gli scheletri delle baracche in questi
giorni sono spesso affiancate da interviste a persone che hanno perso
tutto,ma non hanno perso la speranza, inferocite con il governo,
giurano di ricostruirsi da soli le proprie case,senza alcun tipo di
aiuto.
Quando
arrivai nelle zone più colpite dal terremoto del 2010, rimanevano
pochi segni di distruzione, eppure i ricordi della mia infanzia sono
le stradine del centro storico di Tito disseminate di impalcature,
erano passati 15 anni dal terremoto dell'Irpinia e la ricostruzione
andava a rilento.
Chiaramente
il paragone non si pone,ma rimane vivo in me lo stupore verso questo
popolo così umile e coraggioso.
Paz,amor
y libertad!