UN VIAGGIO A
SCROCCO :
ACCAMPARE
Una volta
scesi dal camion, dopo 6-7 ore(in media) di viaggio, per i primi 5 minuti
assaporavamo l’aria di ogni nuovo posto in cui il nostro viaggio
“all’avventura” ci portava. Passati i 5 minuti dell’idealista romantico, arrivava
la mezz’ora del realista pragmatico. Dopo le congratulazioni con la mia partner
di viaggio, un rituale d’obbligo ,come stringersi la mano prima di una partita
di calcio, pensavo :“ e mo , dove cazzo andiamo?!”.
Di solito i
camionisti ci lasciavano nel posto “x”, quello indicato giornalmente nel
cartello, che diligentemente scrivevamo la mattina presto a inizio autostop.
Molte volte però i camionisti ci
lasciavano ad una distanza “x” dalla nostra meta del giorno. In quella occasione
la frase di cui sopra bisognerebbe leggerla con un tono 10 volte più disperato .
Per fortuna non eravamo i soli a dover vivere lo spaesamento e il senso di
impotenza, con noi anche gli altri 4
amici , che di solito arrivavano a distanza di poco tempo. In sei lo spaesamento
rimaneva,ma il senso di impotenza lasciava il posto alla forza innata del
gruppo ,l’unione fa la forza (cit.). Così
in sei all’imbrunire cominciavamo a camminare, per esplorare la zona, in
cerca di civilizzazione o almeno di un fiume o una spiaggia, visto che
l’imperativo era : ACCAMPARE.
Il Chile è
il luogo ideale anche per questo genere di situazioni. Il fatto che sia un
striscia sottile di terra, schiacciata tra le Ande e il pacifico, aiuta molto a
chi, come noi, era in cerca di acqua. I fiumi abbondano e le spiagge
proliferano. Ma il punto non era tanto trovare un luogo, quanto trovare un
luogo sicuro. Come noi, in estate, anche molti animali di piccole,medie e
grandi dimensioni cercavano acqua per rinfrescare i loro corpi o per estinguere
la loro sete. Oltre ai predatori del mondo animale, l’acqua dei fiumi è spesso
obiettivo di contadini della zona, che per irrigare le loro proprietà sarebbero
disposti a difendere a colpi di fucile i “loro fiumi”. Quindi da aggiungere
allo shock da spaesamento c’era la
disperazione da paranoia. Però forti del gruppo, e stanchi non ci facevamo
troppi scrupoli e procedevamo con il rito del montare la tenda. In poco
tempo montare ogni singolo bastone,
fissarlo al suolo , aprire la tenda, disporre i sacchi a pelo (tipo letto matrimoniale)
era diventato un riflesso condizionato. In un batter d’occhio un suolo vergine
si trasformava in un accampamento , con tanto di fuoco e stendi panni. Quando
avevamo più tempo riuscivamo anche a scavare latrine, insomma un accampamento 5
stelle lusso. Le serate passavano lente con il rumore del fiume in sottofondo e
un panino “alla brace”. Quattro chiacchiere per organizzare il cammino del
giorno successivo, una cantata… e a letto. Chiaramente il suolo pietroso non
era dei migliori per riposare la schiena, dopo averla caricata per tutto il
giorno con lo zaino da venti chili in su. Fin qui l’idealismo e il romanticismo
del viaggio, tutto sembrerebbe idilliaco. Ma il mio viaggio non era un
tentativo di catarsi, bensì un’esperienza di vita. Spesso a risvegliarmi dai miei viaggi verso
l’infinito ci pensava la realtà. A volte la realtà erano mamma e papà topo ,
scesi al fiume per una scampagnata con i rispettivi pargoli, che rosicchiavano
le briciole dei nostri panini e ci regalavano notti piene di incubi,nei quali
giganteschi topi rosicchiavano le nostre teste arrossite dal sole. Altre volte
la realtà si manifestava a metà. In una delle nostre riunioni attorno al
focolare, in una delle tanti notti tiepide ,oltre al onnipresente suono dei
fiumi , sentimmo dei grugniti . Di cani nella zona nemmeno l’ombra. I 3
“uomini” , che insieme a me costituivano il “sesso forte” dell’accampamento ,
pattugliarono con me la zona, con
improbabili torce a dinamo e bastoni secchi. Quando dopo 10 minuti di brividi
freddi e torce tremanti non trovammo niente di insolito,ma continuavamo a
sentire rumori, decidemmo di ritornare nelle tende sperando di non essere
sbranati. L’indomani trovammo un cartello,che la sera prima avevamo ignorato
per la voglia di dormire , che diceva: “Vietato accampare”. Chissà, forse un
consiglio più che un divieto. Nei giorni successivi, scoprimmo che la zona
poteva essere abitata da puma, che normalmente vivono mansueti sulle montagne,ma
che in estate, con la fame che li assale, scendono dalle montagne in cerca di
cibo. I brividi ritornarono, quando a distanza di giorni dalla nostra prima
esperienza con il selvaggio mondo dell’accampamento, venimmo a conoscenza della
notizia di un ragazzo trovato morto su di una collina, vicina alla zona dove
accampammo, sbranato da un puma. Una
volta svegli , il bagno nel fiume è un toccasana, per i camionisti, che non
sentiranno più odore a morte, in nostra presenza , e per noi, che finalmente potevamo
riavere indietro il corpo con il quale avevamo cominciato l’avventura.
Il bagno
fresco è impossibile farlo se il luogo scelto per accampare è una spiaggia. La
salsedine sporca e rimane appiccicata alla pelle e con 40 gradi non è la sensazione migliore.
Se si sceglie una spiaggia poco abitata si ripresenteranno le condizioni del
fiume. Chiaramente nella spiaggia non si avvicinerà mai un puma, quindi in
ultima analisi, meglio un spiaggia disabitata, che un fiume disperso nel nulla.
Se la spiaggia in questione è in una zona abitata, i pericoli sono altri. Non
più puma, ma vandali, tossici o semplicemente la polizia ,che cerca di
sfrattarti ,per occupazione di suolo pubblico. Quindi la spiaggia ideale in una
città deve essere in una zona non troppo abitata,ma tranquilla: praticamente
una mission impossibile. Ad Antofagasta , cittadina tipo Rimini,
al nord del chile a metà strada tra il deserto e l’oceano, arrivammo che era
sera, in 4 (gli altri 2 si persero e dormirono in un camion) e si ripresentò la
stessa situazione di sempre: non sapevamo dove andare. Mentre stavamo cercando
cibo nel supermercato della zona incontrammo altri 2 mochileros come noi, però
con un aspetto peggiore, che ci invitarono a condividere il loro accampamento.
A 2 passi dal MC donald locale, in piena zona centrale, all’ombra di una fila
di palme, al lato di quello che a prima vista sembrava un lungo mare, stavano
tirate 4 tende. 1 dei tipi che ci invitarono e altre 3 di “abituè” della zona.
Per 2 giorni accampammo ,stile rom, in pieno centro. I bambini giocavano a 2
passi dalle nostre “case” e gli irrigatori del prato erano perfetti per fare il
bucato.
Non sempre
però, è così facile e tranquillo accampare in città o ai margini di una città.
A San Pedro d’Atacama, un cittadina turistica, immersa nel deserto
dell’Atacama( il più arido al mondo) arrivammo alle 22, anche lì in quattro,
gli altri due(non gli stessi della volta precedente) erano persi a una
centinaia di km da noi e dormirono in un ospedale. Appena arrivati ci offrirono
camping e ostelli a prezzi elevatissimi. E’ inutile dire che declinammo l’invito. Un po’ per i soldi e
un po’ perché ,ormai, ci eravamo abituati ad accampare in ogni dove. Quella
notte montammo 2 tende in un buco scavato,non so come , né da chi, nel letto di
un fiume secco(visto che ci trovavamo nel bel mezzo del deserto). I locali ci
avevano avvertito che il luogo spesso ospitava mini festicciole di turisti,ma
sempre tranquille, forse un po’ rumorose. Quella notte non ci fu né fuoco e né
chiacchierata,eravamo distrutti e andammo a dormire alle 23. Intorno all’una
cominciarono a suonare le note dei sopracitati turisti. Le canzoni popolari
erano la giusta ninna nanna. Quando terminarono le canzoni popolari(l’indomani
scoprimmo che arrivò la polizia a “guastare la festa”ai turisti) nel dormi
veglia, più che altro dovuto alla scomodità del terreno ,mi accorsi che al
posto dei soliti francesi e tedeschi arrivarono a festeggiare, alle 5 della
mattina, i locali. Non c’erano più canti popolari. Non so perché cominciò una
rissa. Volarono parole come : “io ti uccido!” , “fai così solo perché ho ucciso
la mia compagna” “no,no fermo!! Non la cacciare!!” e i tipici rumori sordi
della rissa. Intrappolati nella tenda e nel buco scavato nella sabbia, eravamo
allo scuro di tutto. La rissa, che era una normale rissa , per noi era il
preludio a un pluriomicidio. Nei 30 minuti o più che rimanemmo svegli a tremare
nella tenda, con il coltellino del pane in mano e i bastoni della tenda (le
nostre uniche armi) non potevamo fare a
meno di immaginare un assassino mascherato che entrava nella tenda e ci
ammazzava a colpi di spranga, o arma da fuoco, faceva lo stesso. Quando se ne
andarono dormimmo in quattro nella nostra tenda. E’ inutile dire che l’indomani
pagammo i 7 euro e montammo le nostre tende nel camping.
Ma fu al ritorno, ripercorrendo sempre il
“querido chile” che vivemmo l’esperienza più terrificante delle nostre
accampate. Eravamo rimasti in due io e la mia ragazza, gli altri erano o
tornati a casa o dispersi in Perù. Eravamo
reduci del camionista filantropo (ve lo ricordate?). Bene la sua generosità fu
di aiuto ai più,meno che a noi. Arrivammo in uno dei posti più brutti del Chile
, Chañaral , che è praticamente un paesino miniera al centro nord del chile. Un
posto che non si raccomanda ai turisti. Un ritrovo di minatori e camionisti che
distrutti dalle ore di lavoro ,la sera ,si dedicano all’ ozio, bevendo litri di
alcol e frequentando i “lugares de piernas”( night club),ma anche direttamente
prostitute ai margini della strada. Alle 9 di sera è praticamente una sin city
chilena ed è quasi impossibile trovare qualcuno che ti allontani dalla zona.
Fortunatamente noi lo incontrammo. Con lui percorremmo pochi km, il giusto per
allontanarci dal postribolo a cielo aperto. Il tipo si fermava a mangiare e
dormire da un amico,che ci offrì un terreno adiacente al ristorante di un altro
suo amico,perché anche lui era un filantropo. Accampammo. Anche lì, in riva
all’oceano a 30 metri dall’autostrada, avevamo dei vicini di tenda. Nell ’occasione
erano 2: mamma e figlia, che per riscoprire il loro amore avevano intrapreso un
viaggio per il chile. Chiaramente anche le 2 donne erano ospiti dell’amico del
nostro camionista di fiducia e, visto che erano anche carine, in 2 giorni erano
diventate le mozze del ristorante dell’amico dell’ amico del nostro camionista.
Anche se i simpatici camionisti che frequentavano il ristorante ci invitarono a
bere con loro, io e la mia ragazza, distrutti dai km macinati , dopo una cena
superlativa a base di pancarrè e prosciutto, andammo a dormire. Stavolta,per
proteggere me e la mia dolce metà avevo un coltello da cucina,ma in ogni caso
non lo avrei saputo usare,la serata però non prometteva azione. A notte
inoltrata sentimmo i passi del camionista, dell’amico e delle due donne . Ci
svegliò il lamento della figlia ,che al suo dire, era stata palpata dall’amico
del camionista. La cosa continuò per un buon 20 minuti. Le due donne erano
all’orlo di una crisi di nervi, ed io , se è possibile,ero messo peggio. Potenzialmente,
avrei vissuto uno stupro live, a 2 metri dalla mia tenda, e magari gli
stupratori, mai domi, avrebbero aperto la nostra tenda e violato la mia
ragazza, costringendomi a guardare. Di per sé l’esperienza non fu terrificante
per ciò che accadde,ma per tutte le paranoie che mi causò. Per fortuna i
camionisti non erano degli stupratori,ma solo molto ubriachi, La mattina ci
svegliammo di buon ora e via, verso casa.
Paz amor y
libertad.
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