Da sempre
sono stato affascinato dai racconti popolari nel senso letterale del termine:
racconti del popolo. Tanto che potevo rimanere per ore ad ascoltare i miei
nonni raccontare di quando erano costretti a vivere in 6 in una casa di 40 metri
quadri,che ,all’occorrenza, si trasformava in una locanda familiare. Pendevo
letteralmente dalle labbra di mia nonna che mi raccontava di quando nel “reparto lavanderia” del fiume si trovò
ad annaspare tra le acque,dopo che il fido “ciuccio” le aveva rifilato a
tradimento un calcio allo stomaco. Mi
piaceva così tanto essere trasportato lontano nel tempo seguendo i racconti dei
miei nonni che passavo tranquillamente delle ore ascoltandoli parlare quando si
incontravano con i loro coetanei. Seguivo ipnotizzato dal dialetto i loro
flashback.
Partendo per
il Sudamerica non mi aspettavo certo di passare freddi pomeriggi intorno ad una
tazza di caffè fumante e ascoltare in
uno spagnolo incomprensibile i racconti dei corrispettivi dei miei nonni
sudamericani. Non avrei sicuramente girato con un taccuino a scovare storie sensazionali
nelle quali perdermi. Ma nonostante il mio scarso impegno, ho comunque avuto
quello che cercavo: storie. Storie fantastiche, storie ai limiti del reale,
storie chiaramente bufale e leggende.
Nella top
five entrano di diritto le 6 ore trascorse con il camionista “cazzaro”(vi
rimando al post sui camionisti)http://persillo.blogspot.it/2013/05/un-viaggio-ascrocco-i-camionisti.html . Le sue 6 ore di monologo interrotte per fare
pipì e per scherzare alla radiotrasmittente con il fratello camionista, che lo
seguiva a distanza di sicurezza, furono
un vero delirio narrativo. Le sue storie personali si intrecciavano con strane
teorie sulle cose del mondo e con predizioni alla “Mago Otelma”. Tralasciando il personale , nei suoi racconti il tipo appariva come
un mix tra Pablo Escobar e il “Che”, il
camionista “cazzaro” ci ha offerto anche una storia più popolare: La
rivisitazione cilena della fine del mondo Maya. Complice l’elezione del Papa e
il meteorite caduto in Siberia, che tenevano banco sui giornali di tutto il
mondo in quei giorni, il camionista cazzaro sfoderò una leggenda di “spielberghiana
memoria”. Secondo le voci dei suoi amici, rafforzate dalla lettura della bibbia nera, Il simpatico
“cazzaro” ci raccontò la leggenda del Papa nero. La storia era una fusione tra
le teorie maya e le predizioni di Nostradamus. Secondo i pre-colombiani , il
francese ed il camionista di lì a qualche giorno sarebbe stato eletto un Papa nero che avrebbe significato la fine
dell’era della pace. Sarebbe scoppiata una guerra che avrebbe fatto una cernita
dei meritevoli di godere del regno dei cieli e alla fine sarebbero arrivati i
cavalieri dell’apocalisse. Insomma se la proprietà intellettuale fosse esistita
3000 anni fa il nostro “cazzaro” avrebbe ricevuto querele per violazione del
copyright nell’ordine da S. Giovanni, I Maya e Nostradamus.
Dovemmo
arrivare in Bolivia per venire a conoscenza di una delle storie più
sconvolgenti del Cile. Come tutti i paesi “esotici” il Cile doveva pur
conservare nella sua memoria una storia di Ufo. Dopo tanto girovagare la
fortuna ci aiutò. Dopo il viaggio in autobus più pericoloso della nostra vita
arrivammo a Santa Cruz de la Sierra in Bolivia, a due passi dalla foresta Amazzonica.
A spalancarci la porta della sua enorme casa fu un giovane rasta man musicista cileno, che era scappato dal
“tremolante” Cile per tuffarsi nel caldo
afoso dell’Amazzonia boliviana. I convenevoli durarono pochi minuti,giusto il
tempo di lamentarci dal caldo insopportabile. Ci spostammo nell’unica stanza
con il ventilatore e il tipo cominciò la sua narrazione. Per riprendere la
credibilità, perduta dopo averci detto di essere “Vegano”, ci confidò che il
padre era un impiegato della Nasa. Breve
inciso : per la sua aridità che diminuisce le deformazioni visive dovute
all’umidità, il deserto dell’Atacama ,ma in generale tutto il nord del Cile , è
la zona migliore per impiantare sensibilissimi telescopi.(vedi progetto ARPAS,
sigla in Spagnolo). Una volta finite le spiegazioni tecniche il rasta man
arrivò finalmente al punto: pare che anche il Cile visse la sua Roswell. Il misfatto avvenne nel 1997 a pochi km dalla
Serena, nel Valle dell’ elqui,il tempio
del Pisco, forse questo ha influenzato le narrazioni sensazionalistiche.
Per intenderci la casa de Pelo(http://persillo.blogspot.it/2013_06_01_archive.html). L’accaduto ovviamente passò sotto
silenzio in tutto il Cile,non ne parlò nessun notiziario e come tutte le storie
di Ufo e di x Files, secondo l’informatissimo amico Vegano, arrivarono gli
Americani. Per qualche settimana la zona dell’impatto venne chiusa a tutti e
l’Fbi o chi per lei cominciò un giro nelle case dei 3-4 paesi della zona. Un
porta a porta particolare a base di minacce. Così l’episodio che ebbe un numero
elevatissimo di testimoni che avrebbe
potuto sconvolgere l’opinione pubblica, rimase un mistero per i pochi eletti
lavoratori della Nasa del nord del Cile, per i loro figli e per voi che in
questo momento affrontate la lettura.
Per averlo
attraversato per metà davvero "on the road" e per essere rimasti la maggior parte
del tempo al contatto con la popolazione autoctona, il Cile è stato per noi una
fucina di racconti e storie. Chiaramente il Nord del Cile che ospita maree di
miniere , tra le più grandi e redditizie del mondo , si presta a storie di
complotti internazionali. Ma la storia miniera
che più ci ha sorpreso per la foga con la quale ci è stata raccontata e per le
implicazioni nella realtà se se ne accertasse la veridicità è quella sul
metallo pregiatissimo : Il Magdano.
Queste le montagne piene del Magdano |
Come al
solito era mezzogiorno e il sole picchiava forte,anche perché ormai il deserto
vero e proprio era a qualche km di distanza , l’aria arida ci bruciava la pelle
e ci toglieva le forze, quando vedemmo arrivare un’ auto, che senza esitazioni
si fermò e ci raccolse. Il viaggio durò
il tempo necessario per avere un’altra sconvolgente rivelazione cilena. Il tipo che ci ospitò nella sua auto di
servizio era un Cileno di origine araba, come me aveva studiato scienze
politiche , mi guardò fitto negli occhi
e in maniera più che sarcastica mi disse: “hai fatto un’ottima scelta, Vedi me
ho studiato scienze politiche e adesso lavoro in miniera!”. Per spezzare una
lancia in favore delle scienze politiche c’è da dire che il tipo non
era un semplice minatore, si occupava infatti delle relazioni esterne di
una delle millemila miniere, insomma soldoni. Dopo la frecciata, cominciò la
sua dissertazione sui metalli che arricchiscono il Cile, o meglio le
multinazionali che comprano le concessioni per scavare dal governo cileno. Chiaramente
ci parlò del rame. Ma ci stupì quando tirò fuori il Magdano. A distanza di mesi
ancora non riesco a capire se suddetto metallo esista davvero , ma fatto sta
che il tipo fu più che convincente. Come Il re leone con Simba nella celeberrima scena,
aprì le sue braccia e indicò le collinette aride che ci circondavano. :”Vedete queste? Non sono
montagne di terra,ma di soldi,tantissimi soldi!! Lì sotto c’è un mare di Magdano
: il metallo del futuro”. Scendemmo troppo presto dalla sua auto per
controbattere alle sue parole. Il Tempo ci dirà se si trattava di una leggenda,
di una gigantesca cazzata o di un’enorme rivelazione. In ogni caso, sono più
che sicuro che il governo cileno farà del suo meglio per trarre dalla
situazione il minimo beneficio possibile per la popolazione,continuando a
svendersi al miglior acquirente.
uno dei "Diablos" |
La quarta
storia è la tipica leggenda popolare che accompagna i bambini nella loro
infanzia,i giovani nella loro intraprendenza e i vecchi nelle tombe. Leggende
figlie di tradizioni secolari che non cancellarono nemmeno gli invasori
spagnoli,ma che dimostrano a differenza, come le culture andine seppero trarre
il meglio dalle peggiori situazioni. Naturalmente la location della leggenda è
la Bolivia depredata , alla continua ricerca della sua identità, alle prese con
la povertà,la mal nutrizione e le continue pressioni degli “invasori moderni”.
L’occasione è il carnevale boliviano,che fosse per gli autoctoni durerebbe
tutto l’anno,ma che le autorità hanno ingabbiato nel mese di febbraio. Oruro è
una delle città più grandi della Bolivia ed ospita ogni anno il secondo
carnevale per grandezza del Sudamerica. Alla samba di Rio i boliviani
preferiscono la “cumbia villera”,anche perché l’immensa spiaggia di Copacabana
è un sogno a 3500 metri nel cuore delle Ande ,bagnati dall’incessante pioggia
dell’inverno boliviano. Le celebrazioni finali oltre a fiumi di alcol
offrono 3 giorni consecutivi di sfilate
in costume, che sono autentiche rivisitazioni delle leggende tramandate a voce
per secoli. La sfilata più famosa è la “Diablada”(la diavolata). Migliaia di
persone ballano indossando sgargianti e terrificanti costumi da diavolo a
ritmo degli strumenti di centinaia di
bande musicali. Nello stesso giorno tutte le botteghe bruciano incenso e delle
strane “saponette” (i desideri) come offerta alla Pachamama( madre terra). La
leggenda racconta che durante il periodo del carnevale le viscere della terra
si aprono, da queste che normalmente ricacciano oro e argento, escono i demoni
,appunto “los diablos” , ed entrano i fumi della combustione dell’incenso e
delle “saponette” che arrivano direttamente al cuore pulsante della madre
terra. Fin qui la parte indigena della storia. Grazie all’intervento degli Spagnoli
i diavoli,che nella tradizione originaria
dopo 3 giorni di baldoria ritornavano da soli nella terra, adesso
ritornano cacciati dalla “Virgen del Socabon”, alla quale viene dedicato
interamente il carnevale di Oruro.
L’ultima
storia è quella di una leggenda vivente in Cile : l’eremita del km 1265 della
Panamericana (contando Santiago come punto 0). Tra i camionisti il fantastico
eremita è più famoso di Maradona tra i
calciofili . Il deserto dell’Atacama ha
2 simboli che ne riassumono la sua essenza, ovviamente oltre alle miniere, la
mano del Deserto(monumento che unisce il Sudamerica) e l’eremita. Viaggiavamo
ormai da giorni e di lui nemmeno l’ombra, più passava il tempo e più si
avvicinava il km fatidico e più aumentava la nostra curiosità. Dovemmo
aspettare il ritorno,forse il momento giusto, “il dulcis in fundo” al nostro
viaggio. Infatti all’andata mi persi la casetta bianca a forma di igloo( fatta
di sterco umano e fango), che passò inosservata per l’arancione monotono del
pieno deserto e per l’autista che ci
accompagnava che era uno dei denigratori
dell’eremita, un miscredente che non era interessato a mostrarmi la grande
attrattiva dell’Atacama. L’eremita è una vero Messia tra i camionisti, l’Unto
dal Signore dei deserti, per portare un messaggio di speranza a tutti. La
speranza fondamentalmente di riuscire a vivere nonostante il dramma di essere
l’unico superstite dell’incidente automobilistico che sterminò anni orsono la
sua famiglia proprio al km 1265 e rimanere nel deserto senza impazzire più di
tanto. Certo i racconti dei pochi eletti che hanno attaccato bottone con lui
sono dei ritratti di geniale pazzia,ma nonostante tutto sostenibile in un
deserto sterminato ,che di notte è scena di apparizione di bambini scomparsi e
alieni. L’eremita racconta a pochi
intimi il suo incontro con i Venusiani e la sua ambizione più grande: costruire
un’intera cittadina con fango e cacca umana essiccata, su modello del suo
igloo. Per fortuna noi incontrammo uno di questi “amici” che ci confessò le
passioni dell’eremita. Una caratteristica dell’uomo del deserto è la forte
ossessione per il sesso femminile. Di solito i camionisti vanno in
pellegrinaggio da lui offrendogli cibo, acqua e soldi .E’ però categoricamente vietato offrigli cibo “femmina” cioè con nome femminile perché lui la rifiuta scocciato. Il nostro
incontro avvenne grazie al camionista filantropo(link),le nostre scorte di cibo
erano quanto mai limitate. Era quasi la
fine del nostro viaggio e per questo motivo non avevamo tempo di fermarci nei
nostri soliti supermercati a rifornirci, quello che avevamo era l’eredità della
buona volontà della coppia che ci ospitò ad Antofagasta. Oltre ad un coltello
per la difesa personale,ci avevano regalato un pacco di pancarré e una piccola
ciambella. Nonostante la nostra buona volontà non avevamo niente da
offrigli. Il filantropo già aveva
concordato con l’eremita,che nel frattempo era apparso dal fresco del suo
igloo, un incontro in cambio della nostra elemosina. Il camionista gli offrì
qualche moneta, un po’ di acqua e poi ci guardò. Noi facevamo gli
gnorri,mancavano ancora 1500 km alla fine del viaggio e il nostro peregrinare poteva durare 1 giorno,ma anche una settimana
, e nel nostro ruolino di marcia non avevamo inserito nessuna città,per non
perdere tempo. Il camionista ci guardò
di nuovo,stavolta scocciato : “e voi che gli date?? DAI PRENDETE UN PO’ DI
PANE!!” Ci convincemmo a sacrificare una metà del nostro pane, ma per
l’incontro con il mito eravamo disposti anche a toglierci, letteralmente il
pane di bocca. Noi eravamo distrutti
,sporchi e visibilmente consumati. Il peso di 50 giorni di viaggio afflosciava
le nostre pose, quando apparve il “mito” rimanemmo letteralmente stupefatti. Contrariamente
alle nostre aspettative apparve un uomo di mezza età scuro. Sarà stato della
mia stessa altezza. I capelli lunghi e la barba alla “Cast away” gli coprivano
i tratti del viso, I capelli e la barba facevano di lui un eremita,perché per
il resto era un comune mortale. Indossava con nonchalance una maglietta bianca
“i love Ny” immacolata e un pantalone da
avventuriero con tasche dappertutto e perfino le scarpe sembravano appena
comprate. Insomma non proprio un abbigliamento da abitante del deserto. Tra noi
e lui, era lui il turista della situazione. Si avvicinò,noi ci aspettavamo una
Benedizione da autentico “Messia del Deserto” e invece le uniche parole che uscirono
dalla sua bocca furono : “ ma il pane è fresco?” . Ritornammo sul camion con le
nostre scorte decimate consapevoli di aver riempito la pancia a un burbero. Era
il giusto prezzo da pagare per incontrare un mito vivente.
Paz,amor y
libertad!
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