Translate

martedì 25 giugno 2013

Spin off

UN  VIAGGIO A SCROCCO:
PER UN PELO.

Per un pelo è la tipica espressione che in un viaggio come il mio descrive il passaggio da una situazione x ad una y ,che sarebbe dovuta e potuta essere una situazione z,chiaramente una situazione peggiore. Un esempio potrebbe essere  quella volta che “per un pelo” alle sei e mezza del mattino il mitico camionista pinochetista ci raccattò al margine della strada evitandoci una morte per ipotermia  a 120 km dalla frontiera Chile/Bolivia a 4000 metri di altezza. Per un pelo abbiamo scampato il puma affamato nel Valle dell’Elqui.

"el Pelo"
Per un Pelo, all’inizio del nostro viaggio, abbiamo potuto conoscere il mondo dei minatori chileni e le attività mistche di Paihuano. Lo chiamavano così i suoi colleghi di bevute “el Pelo” (il capello), per l’appunto. Quando l’ho conosciuto,mi è sembrato di stringere la mano alla caricatura del Mitico Zamorano, l’ 1+8 della Magica Inter di Ronaldo e company. Con il giocatore cileno,il Pelo, aveva in comune la nazionalità e il naso gigantesco da caricatura in uno di quei mercatini che trovi nel centro o nel lungo mare di qualsiasi città balneare a fine luglio. El Pelo è l’immagine del quarantenne cileno atipico. E’ tutto il contrario del prototipo che  il modello capitalista ha cercato di costruire in Cile, un vero ribelle. Nessuno come lui e i suoi amici rompe la dialettica capitalista alienata, vivere per lavorare. Il suo paradigma è un ben più originale Lavorare per bere, la sua vita è il bere. Il Pelo beve,ma non è un alcolista. Il Pelo beve per superare la sua timidezza e per sciogliere la lingua, potendo così  esprimersi in un pulitissimo spagnolo/cileno ,che altrimenti risulterebbe incomprensibile. Ho provato a parlare con il Pelo quando era sobrio ,ma non ci ho capito niente. Il Pelo è un minatore “verde”, sa che distruggere uno dei paesaggi più belli che io abbia mai visto, scavando per cercare nell’ordine: rame, oro , argento, zolfo e magdano, magari contaminando le falde acquifere con le acque di lavaggio dei suddetti metalli pesanti, è una delle cose più abominevoli che si possa fare a madre natura. Per questo tenta di rimediare al danno bevendo vino e Pisco  ,che la madre terra gli offre ,e contribuisce a ricostruire il verde perduto,coltivando , oltre a qualche pianta di marijuana , vite e alberi da frutto nel suo giardino.

Avevo ancora la mia faccia glabra da quindicenne ,quando conobbi el Pelo. Il nostro viaggio era cominciato da pochi giorni  e già ci offriva uno dei personaggi migliori. Quando Kapok me ne parlò per la prima volta rimasi impressionato. Lui lo aveva conosciuto qualche giorno prima in una festa in cui l’età media dei partecipanti era 25-30,ma nella quale il Pelo si destreggiava benissimo. Kapok non aveva un posto dove dormire, e a Paihuano ,piccolo paesino nel pieno della Valle del Elqui , leader nella produzione del Pisco, non c’erano ostelli  e gli spiazzi lasciati liberi dal fiume erano tutti occupati da camping,che registravano il “tutto esaurito”,ma che comunque avevano prezzi inaccessibili. Non so come fece,ma Kapok riuscì a farsi ospitare nella casa del Pelo.  Quando tre o quattro giorni dopo arrivammo in casa del Pelo,noi eravamo gli ospiti di Kapok, che grazie alla sua chitarra era diventato il cantastorie ufficiale del Pelo and friends. Kapok sapeva strimpellare solo tre o quattro pezzi in Spagnolo(e tutti di Manu Chao) ,per un totale di 15 minuti,pochi,ma un’indispensabile accompagnamento all’ubriacatura. Per la proprietà transitiva : noi( in sei) eravamo amici di Kapok, kapok era amico del pelo & friends, noi quindi eravamo  gli amici del Pelo e per questo trasformammo lo spiazzale, tipo cortile interno, in un camping e montammo le nostre 3 tende. Per me fu la prima esperienza di “accampare in casa”.  Nel cortile 6 metri per 6 dopo la nostra “occupazione” c’era posto per una tavolata e per una 5 ,6 sedie, ma questo non impedì al Pelo nelle tre sere in cui rimanemmo a dormire di organizzare altrettante feste.

La casa che ci ospitava era del padre del Pelo,che la occupava durante tutto l’anno, era usata come casa relax dal Pelo ogni 15 giorni, quando il suo regime di lavoro gli imponeva una pausa. I minatori cileni hanno dei contratti di lavoro particolari, possono scegliere di lavorare una settimana di continuo  e riposarsi 3 giorni ,o lavorare 15 giorni e riposarsi una settimana. La maggior parte dei minatori vive a qualche km dalla miniera e per questo spende i suoi  giorni di bonus rilassandosi nelle sin city Cilene, tipo Chañaral. Ma el Pelo ,non può essere maggioranza e perciò ad ogni pausa lavoro percorre  i 1000 km che separano la miniera dal suo paese per riposarsi e dedicarsi alla Famiglia. Il quadretto familiare si completa con il fratello del Pelo,praticamente una fotocopia del suddetto , però senza la chioma lunga e folta del fratello. Lui è ,per età, il responsabile tra i due. Il fratello del Pelo ha una famiglia tutta sua e dei figli,ma in estate preferisce rilassarsi con gli amici al paesello ,invece di vivere il caos della città .
La casa del Pelo è un’oasi, un rifugio per i tanti festaioli , che d’estate si ritrovano nel valle del Elqui per la raccolta dell’uva. Paihuano è la capitale dell’uva, soprattutto uva da pisco. Il paesino conta con quasi un migliaio di anime, all’apparenza tranquillo, ma in realtà ,soprattutto in estate, è  una paesello del peccato,nonostante abbia solo una discoteca. EL Valle del ‘ELQUI è conosciuto per la sua misticità,grazie al fatto di trovarsi in una zona quasi vergine,senza illuminazione artificiale. La valle è disseminata di osservatori astronomici. La valle attira i turisti del mistico da anni. Ma il misticismo degli abitanti di Phaiuano si disseta con pisco e vino. Sarà per l’alcol o per la visita nel 1997 di un oggetto volante non identificato (una rooswelt Cilena), gli autoctoni del paesino sono davvero tanto sballati. Gli amici del Pelo, tutta Paihuano, più o meno tutti condividono la stessa filosofia di vita e più o meno tutti si massacrano di lavoro per festeggiare di notte. Non hanno altissimi livelli di studio,ma un ‘elevata saggezza popolare, che in una pesino desolato è sufficiente.  

C’era chi ci proponeva di passare la frontiera con l’ Argentina, scalando le Ande a cavallo,per evitare i controlli alla dogana. Tutti ci assicuravano che il cammino era affascinante e mistico e chiaramente tra i viveri per affrontare la traversata non dovevano mancare svariate bottiglie di Pisco.
C’era l’appassionato di calcio, che non potendosi emozionare con le gesta delle squadre del calcio cileno, trovava rifugio nella serie A italiana. Il tipo, che per comodità chiamerò : il malato di calcio , era già a metà bottiglia di Pisco quando mi chiese lumi sul calcio italiano. In pochi secondi la solita inutile discussione sul calcio si era trasformata in una lezione di geografia applicata. Tirò fuori una piastrella da bagno,non so dove l’avesse  trovata, e mi fece disegnare una cartina dell’Italia. Si formò un capannello di persone, che avevano lasciato la pista da ballo,i  4 metri  quadrati lasciati liberi dalle nostre tende, che si erano  interessate alla lezione di geografia. La cartina fu riempita dal “malato di calcio” con una ventina di punti, lui faceva i nomi delle squadre di calcio e io gli indicavo la  città di provenienza. E’ inutile dirlo che i 20 punti corrispondevano alle  città delle 20 squadre di calcio italiane. Tra serie A e serie B ripercorremmo la geografia del “bel paese”. La lezione sarebbe continuata anche toccando l’Unione Europea, partendo dai gironi di qualificazione all’europeo, se non ci fossero stati i lupi.
I lupi, più per l’organizzazione in Branco , che per le doti fisiche ,erano i tipici “sfigatelli” della festa, che non potendo contare su frasi ad effetto o grandi avventure da raccontare  si affidavano al classico “l’unione fa la forza” per soddisfare i lori bisogni di caccia al genere femminile. Nello specifico la preda del branco era la mia ragazza. Mentre io disegnavano , i lupi stavano saggiando   le doti di ballerina della mia ragazza. Per testare  il suo grado di “cilenità” la stavano sfidando a  ballare la cueca, il ballo  nazional-popolare cileno. Ma l’alcol aveva già offuscato la loro galanteria  e quindi sottrassi la preda ai cacciatori.
C’erano le cittadine. Dalla sera prima il Pelo e il fratello vociferavano circa l’arrivo di , e queste sono le sue parole tradotte : “ un gruppo di fiche pazzesche della Serena, delle modelle”. La Serena è la città più grande della zona. L’arrivo delle modelle catalizzò l’attenzione di tutti i lupi di Paihuano,che si concentrarono nella casa del Pelo. Le ragazze erano delle pelo laize (capelli lisci), in gergo cileno è la maniera per definire delle ragazze di alta provenienza sociale, carine e soprattutto che “se la tirano”. Il gruppo era folto. Le ragazze si mischiarono con difficoltà con la plebaglia e praticamente tutta la festa ruotava attorno ai loro bisogni. Loro stavano sedute e il 70% dei festanti si sedeva, loro si alzavano in piedi e tutti si alzavano in piedi. Quando decisero di abbandonare la festa per andare a ballare, della musica più pop in discoteca, lo decise anche lo maggior parte dei partecipanti. Il nostro personalissimo camping si svuotò all’improvviso. Rimasero il fratello del Pelo, noi e il padre del Pelo ,costante presenza delle feste.
Il papà del Pelo.
Il padre del Pelo è l’invitato speciale di ogni festa,anche se questa volta le pelo laize gli rubarono la scena. Non c’è festa senza di lui. E’ la star del tappeto di ghiaia e sassi del mitico cortile del Pelo, un Vip. L’arzillo  ottuagenario cominciava le serate di festa in sordina. E’ timido e sempre siede in disparte. Comincia a bere perché gli amici del Pelo lo costringono. Ha un bicchiere speciale, il tipico quartino da vino che i miei nonni sfoderano in qualsiasi pranzo di famiglia. L’unica differenza è che quello dell’arzillo è sempre pieno di pisco e si svuota più velocemente. Una volta rotto il ghiaccio , le sue guance si colorano di rosso e comincia la sua partecipazione alla festa. Canta musica popolare, balla(le pelo laize gli concessero l’onore del ballo) grida, fa battute e, soprattutto, beve più di tutti gli invitati messi insieme. E’ una belva. E’ una sconfitta personale svegliarsi la mattina dopo della festa con l’arzillo. Noi in generale ci svegliavamo all’una frastornati dal pisco e con nausea. Lui si svegliava due ore prima fresco e rilassato, e mangiava qualsiasi cosa.
 Quando lasciammo la casa del Pelo, scesero le prime lacrime del viaggio. L’esperienza dell’accampare in casa rimase isolata,ma sicuramente una delle migliori del viaggio.



Paz ,amor y libertad!

sabato 22 giugno 2013

El Italiano (cit. Toto Cutugno)

Mendoza 3 mayo 2013 
 traduccion ANNA PATERINO.


Ya ha pasado casi un mes y medio desde la última vez que crucé la frontera chilena para luego ir por los Andes y poner rumbo sur hacia Mendoza (la capital mundial del vino, que en Argentina se considera también bebida nacional). Ahora, dejadme hacer una pequeña digresión, no tengo ni puta idea de cuántas pueden ser las capitales del vino. Aquí en Suramérica LOS CHILENOS SE ALABAN COMO CAMPEONES MUNDIALES de la producción del néctar de los dioses, en Argentina se ha convertido en bebida nacional, en cada rincón encuentras una feria eno-gastronómica, catas “el famoso vino mendozino”, lees la etiqueta y ¡Lambrusco! (Un saludo a mi querido Lambrusco Emilia con burbujitas, compañero de aventuras en Forlì, por sólo 1,75 euros).
Dicho esto, cruzar la frontera no ha sido ni chocante ni desconcertante. Llevo ya varios meses viajando y me he acostumbrado bastante. Nunca me cansaré de vivir cada mes en un sitio distinto, lejos de mi casa y cabeza abajo. Aquí, en el sur del mundo, todo es nuevo, mientras paseo por las calles de Mendoza siempre acabo encontrando rincones hermosos, como si estuviera en una peli.
Dejando de un lado las retóricas románticas, hay una cosa que aquí en Mendoza me hace sentir super bien : SER ITALIANO. No es por culpa de un momento de locura patriótica que estoy escribiendo esto, ni nostalgia ni nada. Es una simple constatación de la realidad. Aquí en Mendoza, y en general en toda Argentina, los italianos son víctimas de un racismo al revés. Se trata de algo positivo. Y yo, como todos los que somos víctimas de un racismo bueno,  no me quejo y sigo aprovechando de esta situación. Argentina es el único país en todo el mundo en el que saben quién es Berlusconi pero no sienten la necesidad de echártelo a la cara, como para humillarte cada vez que conoces a alguien.  En Argentina nadie, riendo sarcásticamente, te va a decir: ahahah Italia. Pasta, pizza porque aquí han aprendido el arte de comer pasta y pizza mucho más que algunos italianos. Es obvio que nunca encontrarás alguien que te diga “eres italiano, me gusta El Padrino”, sobre todo porque puede que te cruces con uno de los sobrinos o bisnietos de un Boss de la mafia. Sólo aquí conocerás estudiantes universitarios que se las ingenian para acabar la carrera en la universidad gratuita (ningún gasto) y que además durante cuatro años estudian italiano (pagando) simplemente por amor a este idioma.  Esto pese a que hablen uno de los idiomas más difundidos en el mundo.
En fin, Argentina es ese rincón del mundo en el que los estereotipos italianos no impresionan en negativo sino en positivo. Ayer fui invitado a una clase de italiano, en el Círculo de los amigos de la lengua italiana (uno de esos queridos círculos que alimentan los cerebros argentinos con gramática italiana a cambio de mucho dinero). Una chica se me acerca y me dice:  “¿es verdad que los italianos del sur son más vigorosos y calientes? Con lágrimas en los ojos, creo haber alcanzado un orgasmo cerebral.

Paz Amor y libertad!

martedì 18 giugno 2013

Le caramelline

LE CARAMELLINE.
L’Argentina è insieme al Brasile il Leader economico del Sudamerica, l’allevamento, l’agricoltura, l’industria estrattiva,l’industria  manifatturiera contribuiscono ad arricchire il Pil argentino. Ma In Argentina e soprattutto qui a Mendoza non c’è sviluppo economico che possa impedire il fiorire della vendita al dettaglio
In centro, in periferia in lunghissime strade, in “vicoli stretti”, dappertutto ,come funghi sbucano i negozietti di vendita al dettaglio di qualsiasi cosa. Qui si chiamano almacenes o semplicemente “negocios”. In generale cominciano come tabaccherie poi crescono e diventano panetterie,le migliori fanno il salto di qualità e alla merce aggiungono qualche  articolo da salumeria. Alcune nel punto più alto dell’attività arrivano a far convivere pane e coca cola con schiume da barba , accendini e occhiali da sole. Un bazar. A Tito c’era Zie Maria, al convento,ma la globalizzazione ha travolto anche lei,adesso rimane, come fiore all’occhiello dell’economia al dettaglio Rocchina d’ pettu. Presto però tutto questo,anche nelle remote cittadine della Basilicata finirà.
Negocio

Per questo camminando per le strade mendosine  mi sembra di camminare lungo una linea del tempo,al ritroso fino alla mia infanzia. C’è da dire che esistono grandi supermercati,ma  pare che gli argentini preferiscano i piccoli almacenes ai giganti pieni di scaffali. La spiegazione è fin troppo facile. Nel mondo di oggi che corre, la gente è disposta a spendere qualche pesos in più per sentirsi fare una battuta dal commerciante di turno. Qui si scambia qualche  pesos per un grazie.
Chiaramente se sei in preda ad un attacco di fame alle 15 del pomeriggio e ti serve urgentemente del pane, puoi anche morire di fame.  Gli almacenes rispettano la siesta. La siesta è un istituzione rispettata da tutti,meno che dal Carrefour a 5 minuti da casa mia( che per la verità, non rispetta nemmeno il “giorno del Signore”). La siesta non è sinonimo di “nullafacenza” o “fannullonismo”  ,ma è un segno di appartenenza culturale. Si capisce che vendere qualsiasi cosa dalle 2 alle 5 del pomeriggio in estate con i 35 gradi di Mendoza, con la carne che sale e scende nell’epiglottide,causa digestione lenta, è una mission impossibile. Si capisce anche che con il suddetto caldo ,nessuno girerà per la città durante la siesta, tutti preferiscono dormire e chi non lo fa si conforma e dorme lo stesso. Alla siesta no ci sono eccezioni. La siesta, però, sballa gli orari e così ,per recuperare le 2/3 ore di sonnellino pomeridiano i venditori al dettaglio si ammazzano di straordinari  e capita di trovarli aperti alle undici di sera,così,giusto se a qualche arzilla vecchietta servisse il pane per accompagnare la zuppa di fagioli…
Un capitolo a parte lo merita l’ almacen  del mio rione o meglio della mia zona. A dire la verità i venditori mendosini non sembrano molto preoccupati dalla concorrenza , per questo è facile che convivano nella stessa via 3 o 4 almacenes ,che vendono di tutto,ma tutti lo stesso e allo stesso prezzo. IL chiosco a una ventina di passi da casa mia è il non plus ultra degli almacenes, l’evoluzione estrema. Non ci trovi occhiali da sole,ma annunci di lavoro temporale, annunci di persone disperse, annunci di badanti che offrono il loro lavoro, foto di cani e questo appeso alla porta di ingresso. Quando si è orami dentro si nota facilmente che la fonte di reddito del negozio non sono solo i salumi, che ormai hanno una patina di qualche centimetro di spessore,ma che la parte del leone la fanno gli alcolici. In bella mostra su degli scaffali precari in ordine di gradazione alcolica,dal più basso al più alto, birra, vino, liquori. La proprietaria della florida attività commerciale, è una signora sulla quarantina, capelli ossigenati, tipo primi anni 2000, ricci e occhiali con montatura sottile. La descrizione potrebbe fermarsi anche qui, non c’è nient’altro che risalta  nel suo aspetto fisico. Il nome della signora l’ho dimenticato appena me lo ha detto,ma non credo sia importante. Per riassumere la sua personalità e catalogarla nel mio cervello io la chiamo semplicemente “la vieja loca” (la vecchia pazza,vecchia in senso affettivo,pazza no). E’ il tipo di persona che vale i 2 pesos in più sul prezzo del pane. Entrare nel suo negozio è come accendere la televisione. Sia la tv spazzatura dei giorni nostri, super gossippara e sia la vecchia tv stile rai educational, d’informazione e di qualità. Il primo giorno quando gli dissi di essere italiano, in un italiano maccheronico mi disse  di parlare altre 3 lingue e di aver studiato diritto. L’aggettivo pazza glielo ho affibbiato non per cattiveria,ma perché descrive perfettamente lo stato in cui le persone finiscono se cercano di seguire i suoi discorsi o di capire i suoi atteggiamenti. La signora passa da uno stato di adulazione incredibile del tipo : “Pasquale(lei il mio nome lo ricorda) ,sei un ragazzo meraviglioso, che bello che tu abbia studiato scienze internazionali e diplomatiche,sono orgogliosa di te!”  che creano una certa aspettativa e invogliano a visitarla,anche solo per comprare del pane, a stati di noncuranza estrema. Molte volte la scena è : signora che parla a telefono, grida a telefono, in modo tale che tutti possano ascoltare le sue storie ed io che aspetto ,aspetto ,aspetto… per fortuna che la signora ha un buon gusto musicale. Tra una pezzo e l’altro,mentre lei sembra prendere una pausa dal monologo telefonico,provo a intervenire : “vorrei mezzo chilo di pane!”, lei continua a parlare ed io continuo ad aspettare. Quando finisce,mi aspetto il solito complimento e lei, secca e quasi scocciata per avermi visto aspettare mentre  parlava a telefono    : “cosa volevi?”.

Gli orari del suo negozio , se fossero mestruazioni, desterebbero molta preoccupazione, sono sballatissimi. Se apre la mattina, è dalle 13 alle 14,anche lei rispetta la siesta,nel suo caso lunghissima. Riapre alle 20 quando il suo negozio diventa taverna, grazie al tavolino di plastica con ombrellone e annesse sedie al lato dell’entrata. Richiuderà a notte inoltrata. Quando ,una delle poche volte che mi sono permesso di chiederle il perché degli orari a casaccio, lei mi ha risposto : Noo è che ieri sono rimasta al negozio fino a tardi,sono venuti dei clienti, abbiamo bevuto e poi siamo andati al parco a fumare fiori, Tu fumi  fiori? Se vuoi io ho un amico,ti posso fare da tramite. E fu in quella situazione che capii le sue fonti di reddito ,oltre che i suoi orari.

Quando mia madre mi mandava a “fare la spesa”  ,quando ancora c’era la lira, il resto era complicato e per arrotondare Zie Maria mi dava una caramellina .

Qui la caramellina è un’istituzione quasi quanto la siesta. Perfino il carrefour accanto alle banconote ,nel registratore di cassa, ha il reparto dedicato alle caramelline. Le carramelline in Italia servivano per sostituire gli spiccioli, qui servono come una vera banconota. Volendo dare una spiegazione logica, si può tirare in causa l’inflazione, che svaluta la moneta argentina anche del 30% ogni mese, quindi come conseguenza i prezzi aumentano e non sempre “precisi”, molte volte ci sono degli avanzi: le caramelline.
Le caramelline alla frutta sono le più diffuse,se il resto è consistente allora potresti portarti a casa addirittura un cioccolatino. Esistono le monete da 25 centesimi di peso,esistono da 50 cent esistono da 1 peso e persino da 2,ma sono come le figurine Panini, impossibili da trovare. Per questo motivo se giri con una banconota da 100 pesos (13 euro) e vuoi comprare in un almacen sei spacciato. Nessuno ti darà il cambio e in generale c’è una specie di selezione previa. Prima di comprare i negozianti ti chiederanno: “con quanto mi paghi?” Con 100 pesos nessuno ,se non il carrefour, ti accetterà. Anche per questo c’è una spiegazione logica,sempre legata all’inflazione,il governo per frenarla ritira la carta moneta in eccesso, quindi è difficile trovare il cambio a 100 pesos, che ,tra l’altro, sono facili da copiare. Se paghi con 20 pesos, tieniti pronto mangerai tante caramelline.


Paz ,amor y Libertad!

martedì 4 giugno 2013

MENDOZA 2 GIUGNO 2013

LA FESTA DEL GROTTESCO.


Siamo arrivati in piazza sulle ultime note dell’inno argentino. Il tempo di sistemarci al caldo sole autunnale, qui ci saranno una trentina di gradi e la gente sta imbacuccata,  qualche occhiata quà e là  per orientarmi , parte l’inno d’Italia. Si vede che gli organizzatori smanettano molto in internet, ma che però,dovuta l’età, i capelli bianchi presenti nella piazza brillano colpiti dal sole, non ne capiscono molto. L’inno di Mameli, proposto alla piazza acclamante, è una delle versioni karaoke riproposte su youtube, che si avvicinano allo stile neomelodico napoletano. IN 5 minuti la cerimonia ci aveva già mostrato i livelli pacchiani che avrebbe potuto raggiungere.
bambino e annessa divisa(foto a scrocco)

Con una mano al petto ho cantato l’inno ,lo sguardo fisso alla “escuela Italiana” presente in piazza con il suo coro,  10 tra bambini e bambine con indosso una divisa alquanto discutibile. Il grigio dei pantaloni corti e della cravatta insieme alle bretelle per gli uomini, mi hanno riportato agli album fotografici ,che mi mostravano i miei nonni. Made in Italy anni ’30. Prima di arrivare alla piazza General S. Martin, ero abbastanza cosciente di quello che avrei vissuto. L’antipasto della stravagante cerimonia di oggi,all’insegna dell’amarcord me lo ero mangiato ieri sera.
Un po’ di tempo fa, un mio compagno di università,anche lui italiano per discendenti, un po’ come tutti qui in Argentina, con un dubbio italiano,mi aveva invitato a partecipare ai festeggiamenti per la nostra amata Repubblica. Il volantino diceva : “il console bla bla e la sua consorte bla bla, vi invitano a partecipare al concerto della filarmonica dell’universidad de cuyo diretta dal grande maestro italiano bla bla bla.” Avevo annotato l’indirizzo e avevo convinto la mia dolce metà a partecipare. Alla fine la musica ,anche la classica, è una maniera per avvicinarla alla mia cultura. Per l’occasione,vista l’importanza dell’evento, quasi un gala,ho rispolverato la pashmina  che mi ha regalato mia nonna, anche perché, la mia kefia da viaggio l’ho dimenticata nel camion del simpaticissimo Antonio, ormai 4 mesi orsono.  Avevo indosso la maglietta nera, che riservo per le grandi occasioni, indossavo perfino un sobrio jeans, senza parlare della mia consorte. Insomma eleganti più che mai ci siamo incamminati alle nove della sera convinti della generosità del console ,che avrebbe offerto ad una centinaia di persone un maestoso concerto gratis. Per qualsiasi evenienza i quasi 3 euro che avevo nella tasca sarebbero stati il nostro salva vita. Alle porte del teatro c’era la ressa ordinata da gran gala. E’ inutile dirlo che i miei jeans e la mia pashmina sfiguravano a confronto con i foulard e le pellicce che facevano capolinea, anche qui, tra le teste canute dei tanti “giovincelli” presenti. Ma ormai eravamo lì e non potevamo desistere.
Non abbiamo desistito neanche quando il gentile signore alla porta ci ha respinti perché la sala era ormai stracolma. Siamo rimasti all’entrata per una decina di minuti e ci siamo accorti che l’entrata era in prevendita a 6 euro e che ,ormai, tutti i biglietti erano esauriti. Io ho provato a parlare con il tipo all’ingresso e, a dire il vero,la mia scusa era anche abbastanza efficace. Anche se imbarazzato dalla situazione,mi sono avvicinato al signore e gli ho detto: “io sono italiano, mio nonno morì nella seconda guerra mondiale, per questo per me il 2 giugno è un’occasione speciale, mi piacerebbe mostrare la cultura italiana alla mia ragazza che è Argentina. Si può fare qualcosa?” Chiaramente così,mi sono bruciato il primo tentativo. Ma non tutti i miei sforzi sono stati vani. Con il mio goffo tentativo,all’italiana, ho rispolverato nei signori presenti lo stereotipo dell’italiano faccia tosta , ho strappato qualche sorriso e mi sono convinto che la simpatia era l’arma per riuscire ad infilarmi nel teatro e magari non pagare. Il concerto era ormai cominciato da una mezz’ora,ma noi rimanevamo incollati alla porta nella speranza di commuovere il tipo all’ingresso. La svolta è arrivata all’intervallo. Sapevo che in un momento di confusione avremmo potuto fare qualcosa. L’altra coppia di free rider , che erano stati respinti per lo stesso nostro motivo è partita alla carica. Approfittando della confusione si sono infilati, con la classica tecnica del “siamo usciti fuori al fumare e abbiamo lasciato tutto dentro”. Abbiamo rosicato,ma onore ai vincitori. Per entrare nel teatro abbiamo dovuto implorare il tipo all’ingresso,che ha ceduto per sfinimento. Il concerto è durato una fumata di sigaretta, ma rimane la soddisfazione di essere riusciti ad entrare gratis.
il console.


Oggi la storia era diversa, non più il gran gala, non più il teatro, ma comunque, per rimanere eleganti , ci siamo rivestiti come ieri sera. Dopo l’inno è toccato all’Italianissimo  console di mendoza riproporre l’amarcord ,che è stato il leitmotiv della giornata, anche se molti di quelli presenti in piazza erano italiani alla lontana. Tanto per rimanere sul vintage il console ha cominciato a parlare della storia gloriosa degli italiani che lo cito : “ hanno caratterizzato per più Di un secolo ,la storia dell’Argentina” (per fortuna che in piazza non c’era nessun nazionalista argentino) .Il tutto in un “itagnolo” imbarazzante per uno che nel curriculum dice di parlare 4 lingue.
Dopo la performance mi sono soffermato a pensare ancora una volta alla meritocrazia e mi sono convinto,che forse non significa niente  saper parlare alla perfezione la lingua del paese di cui si  è console ed ho quindi  giustificato il cinquantasettenne diplomatico,che sicuro  sarà diventato console per meriti  di curriculum. Fatto sta che il console ha dato mostra non solo delle sue doti linguistiche eccelse,ma anche dell’immagine di bravo politico italiano. I suoi baffi curati e la sua pancia enorme gli conferivano lo stereotipo del politico italiano(per intenderci,quello che mangia alle spalle degli altri).
Dopo le parole del console,ho pensato che il peggio fosse finito e mi sono rilassato godendomi il sole e  la sensazione indescrivibile  di essere l’oggetto del desiderio dei circa 150 spettatori ,cioè  un italiano vero. Ma le sensazione è durata giusto per i  minuti in cui hanno tolto il microfono al console e  lo hanno dato alla presentatrice di turno ,che ha annunciato il grande coro dei 10 bimbi della “escuela italiana” e a seguire l’esibizione del coro degli adulti, molto in avanti con l’età. Mi aspettavano 6 canzoni popolari ed io ho cominciato a stilare nella mia mente la possibile lista : “sicuro ci sarà Bella ciao,no ,macchè è popolare,ma troppo faziosa, vedi i signori che ci sono e vedi le loro pellicce,le loro parrucche…” Le mie speculazioni non erano ancora finite quando irrompe il suono di un piano e le voci da usignolo dei bambini che stonavano canzoni, popolari probabilmente ai nonni che lasciarono 70 anni orsono l’Italia. Saranno state le divise saranno state le canzoni, a me  sembrava di vivere  una riunione dei bimbi “balilla” durante un cerimonia del ventennio . Quando hanno terminato i bambini, ormai la cerimonia aveva già dato il meglio di sé. Il coro degli attempati Italo-argentini, ha seguito quello dei bimbi per  la popolarità dei pezzi cantati,tra i quali una mazurca. Alla fine della cerimonia , saranno state le parole del console, saranno state le canzoni popolari avevo fame. Avevamo un un’unica missione prima di poter andare a casa e ripensare piacevolmente alle 2 ore più grottesche da quando sto in Argentina : scroccare un pranzo.
L’obiettivo era il console, che sì è dileguato tra la folla. Adesso che il console era saltato, l’unica speranza era rintracciare la presidentessa del circolo dei lucani a Mendoza. Mi è bastato dire di essere italiano e subito è spuntata la presidentessa. Anche lei attempata,anche lei italo-argentina e anche lei con indosso una pelliccia. Con lei, che non sembrava tanto interessata a rispolverare le radici, chiacchierando con un gioviane lucano, non è bastata la simpatia.
Morale della favola: sognavamo un piatto di orecchiette o ravioli serviti da una bella donna lucana ,seduti ad una tavolata di 20/30 persone, con le damigiane di vino rosso piene e ci siamo ritrovati in due seduti al tavolo della nostra cucina con una frittatina da 2 uova e acqua del rubinetto da bere.
Paz amor y libertad.