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martedì 4 giugno 2013

MENDOZA 2 GIUGNO 2013

LA FESTA DEL GROTTESCO.


Siamo arrivati in piazza sulle ultime note dell’inno argentino. Il tempo di sistemarci al caldo sole autunnale, qui ci saranno una trentina di gradi e la gente sta imbacuccata,  qualche occhiata quà e là  per orientarmi , parte l’inno d’Italia. Si vede che gli organizzatori smanettano molto in internet, ma che però,dovuta l’età, i capelli bianchi presenti nella piazza brillano colpiti dal sole, non ne capiscono molto. L’inno di Mameli, proposto alla piazza acclamante, è una delle versioni karaoke riproposte su youtube, che si avvicinano allo stile neomelodico napoletano. IN 5 minuti la cerimonia ci aveva già mostrato i livelli pacchiani che avrebbe potuto raggiungere.
bambino e annessa divisa(foto a scrocco)

Con una mano al petto ho cantato l’inno ,lo sguardo fisso alla “escuela Italiana” presente in piazza con il suo coro,  10 tra bambini e bambine con indosso una divisa alquanto discutibile. Il grigio dei pantaloni corti e della cravatta insieme alle bretelle per gli uomini, mi hanno riportato agli album fotografici ,che mi mostravano i miei nonni. Made in Italy anni ’30. Prima di arrivare alla piazza General S. Martin, ero abbastanza cosciente di quello che avrei vissuto. L’antipasto della stravagante cerimonia di oggi,all’insegna dell’amarcord me lo ero mangiato ieri sera.
Un po’ di tempo fa, un mio compagno di università,anche lui italiano per discendenti, un po’ come tutti qui in Argentina, con un dubbio italiano,mi aveva invitato a partecipare ai festeggiamenti per la nostra amata Repubblica. Il volantino diceva : “il console bla bla e la sua consorte bla bla, vi invitano a partecipare al concerto della filarmonica dell’universidad de cuyo diretta dal grande maestro italiano bla bla bla.” Avevo annotato l’indirizzo e avevo convinto la mia dolce metà a partecipare. Alla fine la musica ,anche la classica, è una maniera per avvicinarla alla mia cultura. Per l’occasione,vista l’importanza dell’evento, quasi un gala,ho rispolverato la pashmina  che mi ha regalato mia nonna, anche perché, la mia kefia da viaggio l’ho dimenticata nel camion del simpaticissimo Antonio, ormai 4 mesi orsono.  Avevo indosso la maglietta nera, che riservo per le grandi occasioni, indossavo perfino un sobrio jeans, senza parlare della mia consorte. Insomma eleganti più che mai ci siamo incamminati alle nove della sera convinti della generosità del console ,che avrebbe offerto ad una centinaia di persone un maestoso concerto gratis. Per qualsiasi evenienza i quasi 3 euro che avevo nella tasca sarebbero stati il nostro salva vita. Alle porte del teatro c’era la ressa ordinata da gran gala. E’ inutile dirlo che i miei jeans e la mia pashmina sfiguravano a confronto con i foulard e le pellicce che facevano capolinea, anche qui, tra le teste canute dei tanti “giovincelli” presenti. Ma ormai eravamo lì e non potevamo desistere.
Non abbiamo desistito neanche quando il gentile signore alla porta ci ha respinti perché la sala era ormai stracolma. Siamo rimasti all’entrata per una decina di minuti e ci siamo accorti che l’entrata era in prevendita a 6 euro e che ,ormai, tutti i biglietti erano esauriti. Io ho provato a parlare con il tipo all’ingresso e, a dire il vero,la mia scusa era anche abbastanza efficace. Anche se imbarazzato dalla situazione,mi sono avvicinato al signore e gli ho detto: “io sono italiano, mio nonno morì nella seconda guerra mondiale, per questo per me il 2 giugno è un’occasione speciale, mi piacerebbe mostrare la cultura italiana alla mia ragazza che è Argentina. Si può fare qualcosa?” Chiaramente così,mi sono bruciato il primo tentativo. Ma non tutti i miei sforzi sono stati vani. Con il mio goffo tentativo,all’italiana, ho rispolverato nei signori presenti lo stereotipo dell’italiano faccia tosta , ho strappato qualche sorriso e mi sono convinto che la simpatia era l’arma per riuscire ad infilarmi nel teatro e magari non pagare. Il concerto era ormai cominciato da una mezz’ora,ma noi rimanevamo incollati alla porta nella speranza di commuovere il tipo all’ingresso. La svolta è arrivata all’intervallo. Sapevo che in un momento di confusione avremmo potuto fare qualcosa. L’altra coppia di free rider , che erano stati respinti per lo stesso nostro motivo è partita alla carica. Approfittando della confusione si sono infilati, con la classica tecnica del “siamo usciti fuori al fumare e abbiamo lasciato tutto dentro”. Abbiamo rosicato,ma onore ai vincitori. Per entrare nel teatro abbiamo dovuto implorare il tipo all’ingresso,che ha ceduto per sfinimento. Il concerto è durato una fumata di sigaretta, ma rimane la soddisfazione di essere riusciti ad entrare gratis.
il console.


Oggi la storia era diversa, non più il gran gala, non più il teatro, ma comunque, per rimanere eleganti , ci siamo rivestiti come ieri sera. Dopo l’inno è toccato all’Italianissimo  console di mendoza riproporre l’amarcord ,che è stato il leitmotiv della giornata, anche se molti di quelli presenti in piazza erano italiani alla lontana. Tanto per rimanere sul vintage il console ha cominciato a parlare della storia gloriosa degli italiani che lo cito : “ hanno caratterizzato per più Di un secolo ,la storia dell’Argentina” (per fortuna che in piazza non c’era nessun nazionalista argentino) .Il tutto in un “itagnolo” imbarazzante per uno che nel curriculum dice di parlare 4 lingue.
Dopo la performance mi sono soffermato a pensare ancora una volta alla meritocrazia e mi sono convinto,che forse non significa niente  saper parlare alla perfezione la lingua del paese di cui si  è console ed ho quindi  giustificato il cinquantasettenne diplomatico,che sicuro  sarà diventato console per meriti  di curriculum. Fatto sta che il console ha dato mostra non solo delle sue doti linguistiche eccelse,ma anche dell’immagine di bravo politico italiano. I suoi baffi curati e la sua pancia enorme gli conferivano lo stereotipo del politico italiano(per intenderci,quello che mangia alle spalle degli altri).
Dopo le parole del console,ho pensato che il peggio fosse finito e mi sono rilassato godendomi il sole e  la sensazione indescrivibile  di essere l’oggetto del desiderio dei circa 150 spettatori ,cioè  un italiano vero. Ma le sensazione è durata giusto per i  minuti in cui hanno tolto il microfono al console e  lo hanno dato alla presentatrice di turno ,che ha annunciato il grande coro dei 10 bimbi della “escuela italiana” e a seguire l’esibizione del coro degli adulti, molto in avanti con l’età. Mi aspettavano 6 canzoni popolari ed io ho cominciato a stilare nella mia mente la possibile lista : “sicuro ci sarà Bella ciao,no ,macchè è popolare,ma troppo faziosa, vedi i signori che ci sono e vedi le loro pellicce,le loro parrucche…” Le mie speculazioni non erano ancora finite quando irrompe il suono di un piano e le voci da usignolo dei bambini che stonavano canzoni, popolari probabilmente ai nonni che lasciarono 70 anni orsono l’Italia. Saranno state le divise saranno state le canzoni, a me  sembrava di vivere  una riunione dei bimbi “balilla” durante un cerimonia del ventennio . Quando hanno terminato i bambini, ormai la cerimonia aveva già dato il meglio di sé. Il coro degli attempati Italo-argentini, ha seguito quello dei bimbi per  la popolarità dei pezzi cantati,tra i quali una mazurca. Alla fine della cerimonia , saranno state le parole del console, saranno state le canzoni popolari avevo fame. Avevamo un un’unica missione prima di poter andare a casa e ripensare piacevolmente alle 2 ore più grottesche da quando sto in Argentina : scroccare un pranzo.
L’obiettivo era il console, che sì è dileguato tra la folla. Adesso che il console era saltato, l’unica speranza era rintracciare la presidentessa del circolo dei lucani a Mendoza. Mi è bastato dire di essere italiano e subito è spuntata la presidentessa. Anche lei attempata,anche lei italo-argentina e anche lei con indosso una pelliccia. Con lei, che non sembrava tanto interessata a rispolverare le radici, chiacchierando con un gioviane lucano, non è bastata la simpatia.
Morale della favola: sognavamo un piatto di orecchiette o ravioli serviti da una bella donna lucana ,seduti ad una tavolata di 20/30 persone, con le damigiane di vino rosso piene e ci siamo ritrovati in due seduti al tavolo della nostra cucina con una frittatina da 2 uova e acqua del rubinetto da bere.
Paz amor y libertad.



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