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sabato 25 maggio 2013


UN VIAGGIO A SCROCCO :

 ACCAMPARE

Una volta scesi dal camion, dopo 6-7 ore(in media) di viaggio, per i primi 5 minuti assaporavamo l’aria di ogni nuovo posto in cui il nostro viaggio “all’avventura” ci portava. Passati i 5 minuti dell’idealista romantico, arrivava la mezz’ora del realista pragmatico. Dopo le congratulazioni con la mia partner di viaggio, un rituale d’obbligo ,come stringersi la mano prima di una partita di calcio, pensavo :“ e mo , dove cazzo andiamo?!”.
Di solito i camionisti ci lasciavano nel posto “x”, quello indicato giornalmente nel cartello, che diligentemente scrivevamo la mattina presto a inizio autostop. Molte  volte però i camionisti ci lasciavano ad una distanza “x” dalla nostra meta del giorno. In quella occasione la frase di cui sopra bisognerebbe leggerla con un tono 10 volte più disperato . Per fortuna non eravamo i soli a dover vivere lo spaesamento e il senso di impotenza, con noi  anche gli altri 4 amici , che di solito arrivavano a distanza di poco tempo. In sei lo spaesamento rimaneva,ma il senso di impotenza lasciava il posto alla forza innata del gruppo ,l’unione fa la forza (cit.). Così  in sei all’imbrunire cominciavamo a camminare, per esplorare la zona, in cerca di civilizzazione o almeno di un fiume o una spiaggia, visto che l’imperativo era : ACCAMPARE.

Prima di partire per il grande viaggio, la mia idea di campeggio si limitava allo stereotipo del campo di boyscout dei film made in Usa. Il sacco a pelo e la tenda da campeggio, li avevo visti nei negozi  e lì la mia mente li sistemava, anche quando li portai con me per il grande viaggio. Non sapevo che farmene.
Il Chile è il luogo ideale anche per questo genere di situazioni. Il fatto che sia un striscia sottile di terra, schiacciata tra le Ande e il pacifico, aiuta molto a chi, come noi, era in cerca di acqua. I fiumi abbondano e le spiagge proliferano. Ma il punto non era tanto trovare un luogo, quanto trovare un luogo sicuro. Come noi, in estate, anche molti animali di piccole,medie e grandi dimensioni cercavano acqua per rinfrescare i loro corpi o per estinguere la loro sete. Oltre ai predatori del mondo animale, l’acqua dei fiumi è spesso obiettivo di contadini della zona, che per irrigare le loro proprietà sarebbero disposti a difendere a colpi di fucile i “loro fiumi”. Quindi da aggiungere allo shock da spaesamento c’era  la disperazione da paranoia. Però forti del gruppo, e stanchi non ci facevamo troppi scrupoli e procedevamo con il rito del montare la tenda. In poco tempo  montare ogni singolo bastone, fissarlo al suolo , aprire la tenda, disporre i sacchi a pelo (tipo letto matrimoniale) era diventato un riflesso condizionato. In un batter d’occhio un suolo vergine si trasformava in un accampamento , con tanto di fuoco e stendi panni. Quando avevamo più tempo riuscivamo anche a scavare latrine, insomma un accampamento 5 stelle lusso. Le serate passavano lente con il rumore del fiume in sottofondo e un panino “alla brace”. Quattro chiacchiere per organizzare il cammino del giorno successivo, una cantata… e a letto. Chiaramente il suolo pietroso non era dei migliori per riposare la schiena, dopo averla caricata per tutto il giorno con lo zaino da venti chili in su. Fin qui l’idealismo e il romanticismo del viaggio, tutto sembrerebbe idilliaco. Ma il mio viaggio non era un tentativo di catarsi, bensì un’esperienza di vita. Spesso  a risvegliarmi dai miei viaggi verso l’infinito ci pensava la realtà. A volte la realtà erano mamma e papà topo , scesi al fiume per una scampagnata con i rispettivi pargoli, che rosicchiavano le briciole dei nostri panini e ci regalavano notti piene di incubi,nei quali giganteschi topi rosicchiavano le nostre teste arrossite dal sole. Altre volte la realtà si manifestava a metà. In una delle nostre riunioni attorno al focolare, in una delle tanti notti tiepide ,oltre al onnipresente suono dei fiumi , sentimmo dei grugniti . Di cani nella zona nemmeno l’ombra. I 3 “uomini” , che insieme a me costituivano il “sesso forte” dell’accampamento , pattugliarono con  me la zona, con improbabili torce a dinamo e bastoni secchi. Quando dopo 10 minuti di brividi freddi e torce tremanti non trovammo niente di insolito,ma continuavamo a sentire rumori, decidemmo di ritornare nelle tende sperando di non essere sbranati. L’indomani trovammo un cartello,che la sera prima avevamo ignorato per la voglia di dormire , che diceva: “Vietato accampare”. Chissà, forse un consiglio più che un divieto. Nei giorni successivi, scoprimmo che la zona poteva essere abitata da puma, che normalmente vivono mansueti sulle montagne,ma che in estate, con la fame che li assale, scendono dalle montagne in cerca di cibo. I brividi ritornarono, quando a distanza di giorni dalla nostra prima esperienza con il selvaggio mondo dell’accampamento, venimmo a conoscenza della notizia di un ragazzo trovato morto su di una collina, vicina alla zona dove accampammo, sbranato da un puma.  Una volta svegli , il bagno nel fiume è un toccasana, per i camionisti, che non sentiranno più odore a morte, in nostra presenza , e per noi, che finalmente potevamo riavere indietro il corpo con il quale avevamo cominciato l’avventura.

Il bagno fresco è impossibile farlo se il luogo scelto per accampare è una spiaggia. La salsedine sporca e rimane appiccicata alla pelle  e con 40 gradi non è la sensazione migliore. Se si sceglie una spiaggia poco abitata si ripresenteranno le condizioni del fiume. Chiaramente nella spiaggia non si avvicinerà mai un puma, quindi in ultima analisi, meglio un spiaggia disabitata, che un fiume disperso nel nulla. Se la spiaggia in questione è in una zona abitata, i pericoli sono altri. Non più puma, ma vandali, tossici o semplicemente la polizia ,che cerca di sfrattarti ,per occupazione di suolo pubblico. Quindi la spiaggia ideale in una città deve essere in una zona non troppo abitata,ma tranquilla: praticamente una mission impossibile.  Ad Antofagasta , cittadina tipo Rimini, al nord del chile a metà strada tra il deserto e l’oceano, arrivammo che era sera, in 4 (gli altri 2 si persero e dormirono in un camion) e si ripresentò la stessa situazione di sempre: non sapevamo dove andare. Mentre stavamo cercando cibo nel supermercato della zona incontrammo altri 2 mochileros  come noi, però con un aspetto peggiore, che ci invitarono a condividere il loro accampamento. A 2 passi dal MC donald locale, in piena zona centrale, all’ombra di una fila di palme, al lato di quello che a prima vista sembrava un lungo mare, stavano tirate 4 tende. 1 dei tipi che ci invitarono e altre 3 di “abituè” della zona. Per 2 giorni accampammo ,stile rom, in pieno centro. I bambini giocavano a 2 passi dalle nostre “case” e gli irrigatori del prato erano perfetti per fare il bucato.

Non sempre però, è così facile e tranquillo accampare in città o ai margini di una città. A San Pedro d’Atacama, un cittadina turistica, immersa nel deserto dell’Atacama( il più arido al mondo) arrivammo alle 22, anche lì in quattro, gli altri due(non gli stessi della volta precedente) erano persi a una centinaia di km da noi e dormirono in un ospedale. Appena arrivati ci offrirono camping e ostelli a prezzi elevatissimi. E’ inutile dire  che declinammo l’invito. Un po’ per i soldi e un po’ perché ,ormai, ci eravamo abituati ad accampare in ogni dove. Quella notte montammo 2 tende in un buco scavato,non so come , né da chi, nel letto di un fiume secco(visto che ci trovavamo nel bel mezzo del deserto). I locali ci avevano avvertito che il luogo spesso ospitava mini festicciole di turisti,ma sempre tranquille, forse un po’ rumorose. Quella notte non ci fu né fuoco e né chiacchierata,eravamo distrutti e andammo a dormire alle 23. Intorno all’una cominciarono a suonare le note dei sopracitati turisti. Le canzoni popolari erano la giusta ninna nanna. Quando terminarono le canzoni popolari(l’indomani scoprimmo che arrivò la polizia a “guastare la festa”ai turisti) nel dormi veglia, più che altro dovuto alla scomodità del terreno ,mi accorsi che al posto dei soliti francesi e tedeschi arrivarono a festeggiare, alle 5 della mattina, i locali. Non c’erano più canti popolari. Non so perché cominciò una rissa. Volarono parole come : “io ti uccido!” , “fai così solo perché ho ucciso la mia compagna” “no,no fermo!! Non la cacciare!!” e i tipici rumori sordi della rissa. Intrappolati nella tenda e nel buco scavato nella sabbia, eravamo allo scuro di tutto. La rissa, che era una normale rissa , per noi era il preludio a un pluriomicidio. Nei 30 minuti o più che rimanemmo svegli a tremare nella tenda, con il coltellino del pane in mano e i bastoni della tenda (le nostre uniche armi)  non potevamo fare a meno di immaginare un assassino mascherato che entrava nella tenda e ci ammazzava a colpi di spranga, o arma da fuoco, faceva lo stesso. Quando se ne andarono dormimmo in quattro nella nostra tenda. E’ inutile dire che l’indomani pagammo i 7 euro e montammo le nostre tende nel camping.

 Ma fu al ritorno, ripercorrendo sempre il “querido chile” che vivemmo l’esperienza più terrificante delle nostre accampate. Eravamo rimasti in due io e la mia ragazza, gli altri erano o tornati a casa o dispersi  in Perù. Eravamo reduci del camionista filantropo (ve lo ricordate?). Bene la sua generosità fu di aiuto ai più,meno che a noi. Arrivammo in uno dei posti più brutti del Chile , Chañaral , che è praticamente un paesino miniera al centro nord del chile. Un posto che non si raccomanda ai turisti. Un ritrovo di minatori e camionisti che distrutti dalle ore di lavoro ,la sera ,si dedicano all’ ozio, bevendo litri di alcol e frequentando i “lugares de piernas”( night club),ma anche direttamente prostitute ai margini della strada. Alle 9 di sera è praticamente una sin city chilena ed è quasi impossibile trovare qualcuno che ti allontani dalla zona. Fortunatamente noi lo incontrammo. Con lui percorremmo pochi km, il giusto per allontanarci dal postribolo a cielo aperto. Il tipo si fermava a mangiare e dormire da un amico,che ci offrì un terreno adiacente al ristorante di un altro suo amico,perché anche lui era un filantropo. Accampammo. Anche lì, in riva all’oceano a 30 metri dall’autostrada, avevamo dei vicini di tenda. Nell ’occasione erano 2: mamma e figlia, che per riscoprire il loro amore avevano intrapreso un viaggio per il chile. Chiaramente anche le 2 donne erano ospiti dell’amico del nostro camionista di fiducia e, visto che erano anche carine, in 2 giorni erano diventate le mozze del ristorante dell’amico dell’ amico del nostro camionista. Anche se i simpatici camionisti che frequentavano il ristorante ci invitarono a bere con loro, io e la mia ragazza, distrutti dai km macinati , dopo una cena superlativa a base di pancarrè e prosciutto, andammo a dormire. Stavolta,per proteggere me e la mia dolce metà avevo un coltello da cucina,ma in ogni caso non lo avrei saputo usare,la serata però non prometteva azione. A notte inoltrata sentimmo i passi del camionista, dell’amico e delle due donne . Ci svegliò il lamento della figlia ,che al suo dire, era stata palpata dall’amico del camionista. La cosa continuò per un buon 20 minuti. Le due donne erano all’orlo di una crisi di nervi, ed io , se è possibile,ero messo peggio. Potenzialmente, avrei vissuto uno stupro live, a 2 metri dalla mia tenda, e magari gli stupratori, mai domi, avrebbero aperto la nostra tenda e violato la mia ragazza, costringendomi a guardare. Di per sé l’esperienza non fu terrificante per ciò che accadde,ma per tutte le paranoie che mi causò. Per fortuna i camionisti non erano degli stupratori,ma solo molto ubriachi, La mattina ci svegliammo di buon ora e via, verso casa. 
Paz amor y libertad.

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